Ciao a tutti i miei lettori… Un super rapido “Bentornati” e subito pronti per rituffarci nel mondo dei Tarocchi e di Mina Dike, la simpatica giornalista di carta protagonista di questo libro. Cos’altro scoprirà la “nostra “indomita” paladina della Giustizia?
10. La Ruota della Fortuna
Giovedì, 30 dicembre 2010 ore 11.30
Tony Farrell era un gran figlio di puttana. Avrebbe venduto anche sua madre se questo si fosse rivelato un buon affare. Gli piaceva giocare e quando giocava colpiva duro. Aveva un fiuto fantastico per i soldi. Sapeva come muoversi per farli e farli sparire, senza troppa fatica. Era un uomo intelligente e brillante, senza scrupoli e senza coscienza. Era nato come cabarettista d’avanguardia, lavorando a braccio e fregandosene di copioni e di registi. Per oltre vent’anni aveva calcato le scene dei teatri di mezz’Europa poi il colpo di fortuna: una cena a casa di William Blakestone, proprietario e direttore dell’emittente televisiva ONE FORCE TV.
I due uomini si erano piaciuti subito e da quell’incontro non casuale era scaturito un vantaggioso sodalizio. Certi programmi pomeridiani un po’ trash come Parliamone!, idee per sketch pubblicitari pomposamente definiti Consigli per gli acquisti, riempitivi musicali e d’intrattenimento portavano la sua firma marchiana. Tony la sapeva lunga su tutto. Non si scandalizzava mai, non indietreggiava mai e non temeva nessuno. Il grande successo gli era arrivato con la Ruota della Fortuna, uno spettacolo di varietà che ben misturava vari ingredienti: sorpresa, curiosità, attitudini e abilità musicali. Il programma, seguito anche all’estero, nel tempo si era evoluto, trasformandosi da popolare e ridanciano trampolino di lancio per principianti in un brillante talent show.
“Colpo di scenaaaaaaa!” La voce di Tony Farrell sovrastava per tono ed entusiasmo il battimani e le urla del pubblico presente “il vincitore di questa penultima puntata della Ruota della Fortuna è… MaryClaire Verducci. Vieni MaryClaire, vieni qui, sul palco.” A quell’annuncio, una ragazza dai lunghi capelli neri s’era sporta dalle quinte e la musica era esplosa come un fuoco d’artificio. Mentre impacciata dal lungo abito da sera avanzava timidamente verso di lui, un’allegra pioggia di coriandoli dorati aveva preso a scendere mentre la luce dei riflettori danzava impazzita nella sala.
“Sì, sì, va bene Frances.” Mi piace. C’è un bel crescendo. Puoi finire di montare il programma.”
Tony Farrell spense il monitor e si alzò dalla postazione di Simon Stern, il regista. Si stiracchiò le membra. Era abbastanza soddisfatto del lavoro.
C’era ancora la puntata finale di cui preoccuparsi e poi avrebbe potuto prendersi una meritata vacanza. Sorrise tra sé, non ricordava di aver mai avuto tanti problemi nella realizzazione di un programma e tuttavia era riuscito a mantenere la qualità a un buon livello. Gli artisti che avevano partecipato quell’anno erano poco più che mediocri e s’era dovuto lavorare tanto per mascherarne la pochezza.
“Non c’è proprio la possibilità di un exploit fra i concorrenti, quest’anno. – pensò tra sé. – Sono così grigi e spenti. La Verducci non è male. Il pezzo dei Whithin Temptation, Memories è bello e la voce è buona, ma… presenza scenica zero. Zero.”
E lui se ne intendeva di presenze sceniche. Ci aveva costruito sopra una carriera.
“Dovrò lavorarci su parecchio, per fare di lei la mia star. Trecentomila euro e un contratto sono un bel premio, quindi…dovrà guadagnarselo.”
Si passò una mano fra i capelli.
Per il momento preferiva non pensarci.
La lettera da Londra, arrivata il giorno prima, catalizzò la sua attenzione. La prese dalla tasca e la guardò ammirato. Era stato abile a gestire la cosa. Con la freddezza necessaria per riuscire.
“Il fine giustifica i mezzi – soleva ripetersi spesso, – e questa volta ne era valsa proprio la pena.”
“Questa, – disse a bassa voce, tastando il fianco – è meglio affidarla all’arte.”
Era quasi mezzogiorno e cominciava ad avere fame.
Aveva varie questioni da sbrigare in ufficio ma l’avrebbe fatto nel pomeriggio.
Prima voleva vedersi con Sabine e telefonare a Patrick.
La chiamò al cellulare mentre raggiungeva l’auto.
“Sabine? Ciao cara. Hai voglia di uno snack veloce al World? Diciamo, fra un quarto d’ora?”
Odiava pranzare da solo.
“Sì, volentieri. Al solito tavolo?”
Era caduta la linea, ma loro due si capivano al volo.
Si erano ritrovati, puntualissimi, nella hall della Blu Sky Tower, davanti a uno dei quattro ascensori che salivano al Ristorante.
“Sei bellissima. – le aveva sussurrato, complice, mentre salivano al 27° piano – Dopo, ti mangio.”
Farrell pranzava spesso al World, ma in pochi sapevano che al 10° piano della Blu Sky Tower possedeva un raffinato appartamento di 70 metri quadri.
Una vincita a poker esentasse con vista sul Parco Michelangelo, enorme letto matrimoniale sormontato da uno sontuoso Kandinsky.
Uno colpo mancino ben assestato e andato a segno, che ti godi fin quando il Destino non ti presenta il conto.
Molte aspiranti stelline avevano pranzato con Farrell al World e tutte avevano preso il digestivo nel suo pied-a-terre.
“Abbiamo poco meno di due ore, cara, tutte per noi.” Sabine gli sorrise gelida. Lo sentiva premerle addosso e quel gioco non le piaceva più.
Quando tornò nel suo ufficio, più tardi, il telefono stava squillando.
“Chi è?” domandò irritato.
“Signor Farrell? Ho Mina Dike in linea. Vuole parlarci? Ha già chiamato cinque volte e dice che chiamerà a oltranza perché è molto importante.”
“Passamela.” Era inutile tirarla per le lunghe. Meglio disfarsi subito del problema.
“Buonasera Signor Farrell sono Mina Dike. Sono ancora aperte le audizioni per La Ruota? Ho per le mani la star che sta cercando. È un violinista e so che…”
Mina Dike non era una giornalista qualsiasi. Una collega qualsiasi. Era la figlia del Giudice Dike e doveva andarci cauto.
“Raccontami tutto per bene. Ok?”
Mina aveva cominciato a parlare a raffica e lui l’aveva ascoltata pazientemente.
“Ok!ok! mi hai convinto. Vi aspetto lunedì alle nove e mezza. in sala prove. Puntuali.”
Cominciava ad essere stanco di tutto.
Posò il ricevitore e rimase in ascolto del silenzio largo nel corridoio. Ne ebbe timore.
Si ricordò di Patrick a notte inoltrata, quando era ormai troppo tardi per chiamarlo.
“Domattina sarà la prima cosa che farò.” si ripromise.
C’era sempre, sempre qualcosa da fare.
(10. Continua)
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