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Ciao a tutti i mie amici lettori.

Con questo terzo intervento compio il “giro di boa” all’interno dell’enciclica Deus caritas est.

L’argomento dichiarato nella seconda parte è proprio l’esercizio dell’amore da parte della Chiesa, che il Santo Padre dibatte, secondo me, benissimo.

Personalmente ho trovato particolarmente importante alcuni passi del 3° tema (dei sei trattati).:

Giustizia e carità, soprattutto nel definire  la relazione che esiste tra l’impegno per la giustizia e il servizio della carità.

Ho trovato molto interessanti un paio di frasi che riporto subito, per il loro strategico significato:

IL COMPITO DI OPERARE PER UN GIUSTO ORDINE NELLA SOCIETA’ E’ PROPRIO DEI FEDELI LAICI   e

MISSIONE DEI FEDELI LAICI E’ CONFIGURARE RETTAMENTE LA VITA SOCIALE.

Nell’augurare a tutti i miei visitatori buona lettura e…meditazione, dedico queste poche righe…

L’amore vero

ci mostra il Paradiso

ma amare

ce lo mette nell’anima.

   SECONDA PARTE

CARITAS- L’ESERCIZIO DELL’AMORE DA PARTE DELLA CHIESA

QUALE “COMUNITA’ D’AMORE”

    

Questa seconda parte  si compone di 6 grandi temi più una Conclusione che termina con una preghiera alla Madonna.

 

1.     La carità della Chiesa come manifestazione dell’amore trinitario

2.     La carità come compito della Chiesa

3.     Giustizia e carità

4.     Le molteplici strutture di servizio caritativo nell’odierno contesto sociale

5.     Il profilo specifico dell’attività caritativa della Chiesa

6.     I responsabili dell’azione caritativa della Chiesa.

 

 

2.1            LA CARITA’ DELLA CHIESA COME MANIFESTAZIONE   DELL’AMORE  TRINITARIO.

 

Dice Sant’Agostino: Se vedi la carità, vedi la Trinità.

Guardando Gesù trafitto noi vediamo il disegno del PADRE che, mosso dall’amore, ha inviato il FIGLIO unigenito nel mondo per redimere l’uomo.

E Gesù, che  morendo “rende lo Spirito”, è preludio a quel dono dello SPIRITO SANTO che Egli avrebbe realizzato dopo la risurrezione.

Grazie all’effusione dello Spirito Santo sarebbero sgorgati dal cuore dei credenti i fiumi di acqua viva.

Lo Spirito è quella potenza interiore che armonizza il cuore dei credenti col cuore di Cristo( e li muove ad amare i fratelli come Lui, li ha amati, col servizio e il dono della vita);

 

 è la forza che trasforma il cuore della Comunità ecclesiale, testimone dell’amore del Padre, e vuole fare,dell’umanità, in nome del Figlio, una famiglia.

 

L’attività della Chiesa esprime un amore che cerca il bene integrale dell’uomo:

con l’evangelizzazione (mediante la Parola e i Sacramenti) e

con la promozione nei vari ambiti della vita e dell’attività umana.

IL SERVIZIO DELLA CHIESA E’ AMORE, E’ UN SERVIZIO DI CARITA’, per venire incontro alle sofferenze e ai bisogni, anche materiali, dell’uomo.

 

 

2.2            LA CARITA’ COME COMPITO DELLA CHIESA

 

 

L’AMORE DEL PROSSIMO, radicato nell’amore di Dio È UN COMPITO

PER OGNI SINGOLO FEDELE E

PER L’INTERA COMUNITA’ ECCLESIALE, a tutti i livelli: dalla comunità locale a quella particolare fino alla Chiesa universale nella sua globalità.

Una prima conseguenza di questo è che

L’AMORE HA BISOGNO:

a)     di un’organizzazione che attui

b)    un servizio comunitario ordinato.

La Chiesa, fin dai suoi esordi, ha avuto coscienza che  tale compito   aveva una rilevanza costitutiva. Basta pensare alle prime comunità cristiane, la cui caratteristica principale ere quella di “stare insieme e tenere ogni cosa in comune….chi aveva qualcosa, lo vendeva e ne faceva parte a tutti, secondo il bisogno di ciascuno.”

Quando Luca, ci parla di una sorta di DEFINIZIONE DELLA CHIESA,  in cui annovera, tra gli elementi costitutivi,  tra l’adesione ALL’INSEGNAMENTO DEGLI APOSTOLI,  ALLA COMUNIONE, ALLA FRAZIONE DEL PANE, e ALLA PREGHIERA, in riferimento alla Comunione egli si riferisce proprio al fatto che i credenti hanno tutto in comune e che, in mezzo a loro non sussiste più una differenza ricchi poveri.

Col passare del tempo e il crescere della Chiesa  questa forma radicale di comunione materiale si è perduta; tuttavia è rimasto il nucleo essenziale, in base al quale, all’interno della comunità dei credenti NON DEVE ESSERVI UNA FORMA DI POVERTÀ TALE CHE a qualcuno SIANO NEGATI I BENI NECESSARI PER UNA VITA DIGNITOSA.

 

Una prima soluzione volta a realizzare questo fondamentale principio ecclesiale fu trovata nella creazione dell’UFFICIO DIACONALE, con la scelta di 7 uomini che manlevassero gli Apostoli dal “servizio delle mense”, e consentisse loro di poter  avocare a sè il ministero principale  della   “Preghiera” (Eucaristia e Liturgia) e del

“servizio della Parola”.  

Questo gruppo  “dei sette” (diaconi)  doveva essere composto da uomini “pieni di Spirito e saggezza”, e il servizio sociale che dovevano effettuare era assolutamente concreto  ma al contempo anche spirituale. Il loro era un vero ufficio spirituale che realizzava un compito essenziale della Chiesa:

quello dell’amore ben ordinato del prossimo.

Con  la formazione del consesso dei Sette,  la DIACONIA – il servizio dell’amore del prossimo esercitato com’unitariamente e in modo ordinato-  era instaurata nella struttura fondamentale della Chiesa stessa.

 

Tempo e il diffondersi  della Chiesa hanno fatto sì che

L’ESERCIZIO DELLA CARITA’

L’AMMINISTRAZIONE DEI SACRAMENTI e

L’ANNUNCIO DELLA PAROLA

siano i tre elementi costitutivi della Chiesa; il primo non può essere disgiunto né trascurato rispetto agli altri due. Così, a partire da Giustino (martire, + ca 155) che descrive l’attività caritativa dei cristiani, collegata con l’Eucarestia,  a Tertulliano (scrittore cristiano, +dopo 220)  che racconta della meraviglia suscitata nei pagani dalle premure dei cristiani verso i bisognosi, a Ignazio di Antiochia (+ ca. 117)  che qualifica la Chiesa di Roma come “colei che presiede nella carità. (agape).

 

Tra le prime strutture giuridiche riguardanti il servizio della carità nella Chiesa ricordiamo:

Metà del IV sec. In Egitto: nei monasteri prende forma la diaconia L’ISTITUZIONE RESPONSABILE PER IL COMPLESSO DELLE ATTIVITA’ ASSISTENZIALI;

Fino al VI sec. Sempre in Egitto si sviluppa, una corporazione con capacità giuridica che ha il sostegno delle autorità civili.

Si arriverà a far sì che non solo i monasteri ma anche le diocesi  avranno una loro diaconia (sia in oriente che in occidente.

Troviamo diaconie documentate a Roma a partire dal VII-VIII sec.

Da ricordare la figura del Diacono Lorenzo (+258) e del suo martirio, grande esponente della carità ecclesiale.

Un accenno è da fare anche all’imperatore Giuliano l’Apostata, che malgrado la restaurazione del paganesimo tentò di riformarlo in una prospettiva cristiana. Instaurò una gerarchia di metropoliti e sacerdoti che dovevano curare l’amore per Dio e per il prossimo. Egli  era stato molto colpito dall’attività caritativa della Chiesa e quindi, nel suo nuovo paganesimo, affiancò a questa un’attività equivalente della sua religione.

LA CARITA’ ERA UNA CARATTERISTICA DECISIVA DELLA COMUNITA’ CRISTIANA, DELLA CHIESA.

 

Da quanto visto sopra deriviamo due dati essenziali:

a)     L’intima natura della Chiesa si esprime in un triplice compito.

1)     annuncio della Parola di Dio (Kerygma-martyria)

2)     celebrazione dei Sacramenti (liturgia)

3)     servizio della carità (diakonia).

Sono compiti che non possono essere separati l’uno dall’altro.

Si presuppongono a vicenda. La carità appartiene alla natura della Chiesa; è espressione irrinunciabile della sua stessa esistenza.

 

b)    La Chiesa è la famiglia di Dio nel mondo.

 

Non deve esserci nessuno che soffra per mancanza del necessario.

Tuttavia la caritas-agape travalica le frontiere della Chiesa; la parabola del buon Samaritano dà la misura dell’universalità dell’amore, che si volge al bisognoso incontrato per caso, chiunque egli sia.

Ad ogni modo, si afferma un’esigenza specificatamente ecclesiale, della Chiesa in quanto famiglia, CHE NESSUN MEMBRO SOFFRA  PERCHE’ NEL BISOGNO.

 

 

2.3    GIUSTIZIA E CARITA’

Fin dall’Ottocento l’attività caritativa della Chiesa è stata oggetto di obiezione, sviluppata ulteriormente dal pensiero marxista.

I poveri non avrebbero bisogno di opere di carità, bensì di giustizia.

Le opere di carità sarebbero un modo per i ricchi di sottrarsi all’instaurazione della giustizia e acquietarsi la coscienza. (Conservare le proprie posizioni e frodando i poveri dei loro diritti).

Occorrerebbe creare un giusto ordine, nel quale tutti ricevano la loro parte dei beni del mondo e quindi non abbiano più bisogno della “carità”.

Questo “ragionamento” ha un fondamento di verità ma anche non poco di errore.

 

E’ VERO CHE :

NORMA FONDAMENTALE DELLO STATO DEVE ESSERE IL PERSEGUIMENTO DELLA GIUSTIZIA ;

E CHE LO SCOPO DI UN GIUSTO ORDINE SOCIALE E’ DI GARANTIRE A CIASCUNO, NEL RISPETTO DEL PRINCIPIO DI SUSSIDIARIETA’   LA SUA PARTE DEI BENI COMUNI.

 

E’ quanto la dottrina cristiana sullo Stato e la dottrina sociale della Chiesa  hanno sempre sottolineato.

TUTTAVIA non bisogna dimenticare che con la formazione della società industriale nell’Ottocento, la QUESTIONE del GIUSTO ORDINE DELLA COLLETTIVITA’, è ENTRATA IN UNA NUOVA SITUAZIONE.

La nascita dell’industria moderna ha dissolto le vecchie strutture sociali; la massa di salariati che ne è derivata ha provocato un cambiamento radicale nella composizione della società, e il rapporto tra capitale e lavoro è diventato una questione decisiva, sconosciuta, prima.

Da una parte strutture di produzione e capitale, nelle mani di pochi,

dall’altra masse lavoratrici, con una privazione dei diritti cui doversi ribellare.

 

La Chiesa ha percepito lentamente che IL PROBLEMA DELLA GIUSTA STRUTTURA DELLA SOCIETA’ si poneva in modo nuovo.

 

Il Vescovo di Magonza Ketteler  (+ 1877) in questo senso fu un pioniere.

Non mancarono circoli, associazioni, unioni, federazioni e nuove Congregazioni religiose che scesero in campo contro malattie, povertà, ignoranza.

 

Il magistero pontificio entrò in scena nel

1891 Enciclica    RERUM NOVARUM                          LEONE XIII

1931 Enciclica    QUADRAGESIMO ANNO                 PIO XI

1961 Enciclica    MATER ET MAGISTRA       Beato   Giovanni XXIII

1967 Enciclica     POPULORUM PROGRESSIO           PAOLO VI

1971 lettera apostolica OCTOGESIMA ADVENIENS       c.s.

                       sulla problematica sociale in America latina

Giovanni Paolo I  ha lasciato una trilogia di encicliche sociali:

1981          LABOREM EXERCENS

1987           SOLLICITUDO REI SOCIALIS

1991               CENTESIMUS ANNUS

Così, pian piano è venuta sviluppandosi una DOTTRINA SOCIALE CATTOLICA presentata nel 2004 in modo organico, nel

COMPENDIO DELLA DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA

Redatto dal Pontificio Consiglio Iustitia e Pax.

Il sogno marxista, che aveva indicato nella rivoluzione mondiale e nella sua preparazione la panacea per la problematica sociale, e che vedeva nella collettivizzazione dei mezzi di produzione la soluzione e il miglioramento di tutti i problemi, è svanito.

Nella situazione difficile in cui oggi ci troviamo, anche a causa della globalizzazione dell’economia, LA DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA  E’ DIVENTATA UN’INDICAZIONE FONDAMENTALE che propone orientamenti validi ben aldilà dei confini di essa.

TALI ORIENTAMENTI DEVONO ESSERE AFFRONTATI NEL DIALOGO  CON TUTTI COLORO CHE SI PREOCCUPANO SERIAMENTE DELL’UOMO E DEL MONDO.

 

Per definire meglio la relazione tra

NECESSARIO IMPEGNO PER LA GIUSTIZIA e

SERVIZIO DELLA CARITA’

occorre prendere nota di due situazioni fondamentali di fatto.

a)     Il giusto ordine della società e dello Stato è compito centrale della politica

b)    L’amore – caritas – sarà sempre necessario, anche nella società più giusta.

 

 

A) Il giusto ordine della società e dello Stato è compito centrale della politica

 

Uno Stato che non fosse retto secondo giustizia si ridurrebbe ad una gran banda di ladri. (Sant’Agostino).

E infatti, alla struttura fondamentale del cristianesimo appartiene la distinzione tra ciò che è di Cesare e ciò che è di Dio; cioè l’autonomia delle realtà temporali.

Lo Stato non può imporre la religione ma deve garantirne la sua libertà e la pace tra gli aderenti alle diverse religioni.

La Chiesa, come espressione sociale della fede cristiana, ha la sua indipendenza e vive, sulla base della fede, la sua forma comunitaria.

Sono due sfere distinte in relazione reciproca.

 

LA GIUSTIZIA è scopo e misura intrinseca di ogni politica.

LA POLITICA trae origine e scopo dalla giustizia che è di natura etica.

I due grandi interrogativi sono:

Come realizzare la giustizia qui e ora?

e, Cosa è la giustizia?

 

Il problema riguarda LA RAGIONE PRATICA.

Per operare rettamente, LA RAGIONE DEVE SEMPRE ESSERE DINUOVO PURIFICATA, perché il suo accecamento etico (derivante dal prevalere dell’interesse e del potere) è un pericolo mai totalmente eliminabile.

QUI POLITICA E FEDE SI TOCCANO.

La FEDE  ha la sua specifica natura di incontro con il Dio vivente (quindi apre orizzonti che spaziano oltre la ragione)  ma è anche forza purificatrice per la ragione stessa.

La fede permette alla ragione di svolgere in modo migliore il suo compito, di vedere meglio ciò che le è proprio.

QUI SI COLLOCA LA DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA, che VUOLE CONTRIBUIRE ALLA PURIFICAZIONE DELLA RAGIONE:

AIUTARE A FAR SI’ CHE, CIO’ CHE E’ GIUSTO, POSSA ESSERE RICONOSCIUTO E REALIZZATO QUI ed ORA.

LA DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA

·        argomenta a partire da ciò che e’ conforme  alla natura di ogni essere umano,

·        vuole servire la formazione della coscienza nella politica

·        contribuire, affinché cresca,

a)     la percezione delle vere esigenze della giustizia

b)    la disponibilità ad agire in base ad esse (anche in contrasto con interessi personali.

 

Questo significa che LA COSTRUZIONE DI UN GIUSTO ORDINAMENTO SOCIALE E STATALE, è un compito fondamentale che ogni generazione deve nuovamente affrontare.

E’ un compito politico ma anche umano primario. E in questo caso, la Chiesa ha il dovere di offrire, attraverso la purificazione della ragione e la formazione etica, il suo contributo, affinché, LE ESIGENZE DELLA GIUSTIZIA DIVENTINO COMPRENSIBILI E REALIZZABILI POLITICAMENTE.

La Chiesa non può né deve sostituirsi allo Stato, ma non può né deve restare ai margini nella lotta per la giustizia.

La società giusta deve essere realizzata dalla politica, tuttavia  la Chiesa deve adoperarsi per la giustizia  lavorando per l’apertura dell’intelligenza e della volontà

alle esigenze del bene.

 

 

B) L’amore – caritas – sarà sempre necessario, anche nella società più giusta.

 

Non c’è nessun ordinamento statale giusto che possa rendere superfluo il servizio dell’amore.  Chi vuole sbarazzarsi dell’amore si dispone a sbarazzarsi dell’uomo.

Ci sarà sempre sofferenza che necessita di consolazione ed aiuto.

Sempre solitudine…e bisogni materiali  nei quali è indispensabile un aiuto in linea di un concreto amore per il prossimo.

Anche lo Stato che volesse provvedere a tutto non potrebbe che rispondere ad un’istanza burocratica che NON PUO’ ASSICURARE L’ESSENZIALE DI CUI L’UOMO SOFFERENTE HA BISOGNO: L’AMOREVOLE  DEDIZIONE PERSONALE.

Compito dello Stato, invece, nella linea del principio della sussidiarietà, generosamente riconoscere e sostenere le iniziative che sorgono dalle diverse forze sociali e uniscono spontaneità e vicinanza agli uomini bisognosi d’aiuto.

Nella Chiesa pulsa la dinamica dell’amore suscitato dallo Spirito di Cristo.

Un amore che offre non solo aiuto materiale ma ristoro e cura dell’anima (spesso più necessari).

Affermare che le strutture giuste renderebbero superflue  le opere di carità nasconde un concezione materialistica dell’uomo; una convinzione che umilia l’uomo e disconosce proprio ciò che è più specificatamente umano.

 

Nella vita della Chiesa esiste una relazione precisa tra

a)  IMPEGNO PER UN GIUSTO ORDINAMENTO DELLO STATO E DELLA SOCIETA’ e

b) ATTIVITA’ CARITATIVA ORGANIZZATA.

Nel primo caso  a) abbiamo visto che per quanto riguarda la formazione di strutture giuste il compito spetta alla politica. Spetta invece alla Chiesa contribuire alla purificazione della ragione e al risveglio delle forze morali senza le quali tali strutture non sono né costruite  né rese operative.

IL COMPITO invece, DI OPERARE PER UN GIUSTO ORDINE NELLA SOCIETA’ E’ PROPRIO DEI FEDELI LAICI.

Essi, come cittadini dello Stato, sono chiamati in prima persona a partecipare alla vita pubblica. Non possono esimersi dalle varie attività destinate a promuovere organicamente e istituzionalmente “il bene comune”. Ma ciò che è bene sottolineare è che

MISSIONE DEI FEDELI LAICI E’ CONFIGURARE RETTAMENTE LA VITA SOCIALE, rispettandone la legittima autonomia e cooperando con gli altri cittadini secondo competenze e responsabilità.

Carità ecclesiale e attività dello Stato non possono mai confondersi ma

LA CARITA’ DEVE

ANIMARE L’INTERA ESISTENZA DEI FEDELI LAICI e

ANCHE LA LORO ATTIVITA’ POLITICA (vissuta come carità sociale).

 

LE ORGANIZZAZIONI CARITATIVE DELLA CHIESA costituiscono un’opus proprium  un compito che le è congeniale in cui agisce come soggetto diretto e responsabile, FACENDO QUELLO CHE CORRISPONDE ALLA SUA NATURA.

La Chiesa non potrà mai essere dispensata dall’esercizio della CARITA’ come attività organizzata dei credenti.

D’altra parte, non ci sarà mai una situazione nella quale  non occorra la carità di ciascun singolo cristiano, perché l’uomo, al di là della giustizia, ha e avrà sempre bisogno d’amore.

continua