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 Ciao.

Eccomi ancora qui, col seguito dell’enciclica Deus caritas est.

Con questo scritto si completa la prima parte dal titolo “L’unità dell’amore nella creazione e nella storia della salvezza”.

Spero di non essere tacciata di presunzione ritoccando a modo mio lo scritto del Santo Padre.

Lungi da me l’idea di recargli, in qualche modo, offesa.

Semplicemente ho, come dire, cercato dievidenziare maggiormente l’ossatura del testo, senza alterarne,  peraltro, lo spirito.

Ad ogni buon conto,  cerco e riporto l’indirizzo dove poter leggere l’enciclica integralmente.

http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/encyclicals/documents/hf_ben-xvi_enc_20051225_deus-caritas-est_it.html

Visto che questo lavoro avrei comunque dovuto farlo per me stessa, mi è sembrata una buona idea riproporlo qui, dove magari qualcuno lo legge. Buoni spunti di riflessione da condividere.

 

Lavorando su questo testo mi sono venuti in mente alcuni buoni propositi. Cose piccole, semplici da fare.

Ma il mondo si migliora anche così…. ripulendo le erbacce dal giardino di casa…

Un abbraccio carissimo a….tutti….

Buona lettura

 

 

 

1.3  LA NOVITA’ DELLA FEDE BIBLICA.

 

L’immagine di Dio è nuova.Questa è la prima novità.

A differenza delle altre culture intorno al mondo biblico, una cosa è chiara da subito.

IL SIGNORE E’ IL NOSTRO DIO, IL SIGNORE E’ UNO SOLO.

Questo è il primo elemento importante.

Esiste un solo Dio che è il Creatore del cielo e della Terra. Ne consegue che è anche il Dio di tutti gli uomini.

Più semplicemente, GLI ALTRI DEI NON SONO DIO E

LA REALTA’ IN CUI VIVIAMO RISALE A LUI.

Soltanto qui risulta chiarissimo che 

L’UNICO VERO DIO, EGLI STESSO, è l’autore dell’INTERA REALTA’, che proviene dalla sua PAROLA CREATRICE.

LUI AMA LA SUA CREATURA PERCHE’ LUI L’HA VOLUTA, L’HA FATTA.

QUESTO DIO AMA L’UOMO. 

Secondo importantissimo elemento.

A differenza della “potenza divina” di Aristotele, (che è oggetto di desiderio e amore, come realtà amata muove il mondo ma non ha bisogno di niente e non ama) questo Dio in cui crede Israele ama personalmente.

E’ un amore elettivo; Egli sceglie e ama Israele, con lo scopo di guarire, in tal modo, tutta l’Umanità.

L’amore di Dio si qualifica come Eros ma è anche totalmente Agape.

Tra i profeti, Osea ed Ezechiele hanno descritto questa passione di Dio per il suo popolo; il primo anche con ardite immagini erotiche. Le metafore del fidanzamento e del matrimonio per indicare il patto di Alleanza, l’adulterio e la prostituzione per indicare i cedimenti all’idolatria con l’accenno ai culti profani della fertilità….

Il rapporto di fedeltà tra Israele e Dio, la storia d’amore tra DIO E ISRAELE culmina nel dono della TORAH…

Apre gli occhi (a Israele) sulla vera natura dell’uomo e indica la strada del nuovo umanesimo.
L’uomo vive la fedeltà all’unico Dio e sperimenta  se stesso come colui che è amato da Dio… SCOPRE  LA GIOIA NELLA VERITA’ E NELLA GIUSTIZIA.

L’amore di Dio per l’uomo è EROS e AGAPE.

Perché VIENE DONATO DEL TUTTO GRATUITAMENTE e

perché  E’ AMORE CHE PERDONA.

Addirittura, in Osea, la dimensione dell’agape supera l’aspetto della gratuità.

Di fronte “all’adulterio” di Israele che ha portato alla rottura dell’Alleanza, Dio dà prova della propria “deità”  perchè non dà sfogo all’ardore della propria ira.

E’ Dio e non  Uomo. E’ Lui il Santo, fra i due.

L’amore appassionato di Dio per il suo popolo è anche amore che perdona.

E’ un amore così grande che rivolge Dio contro se stesso. Il suo amore contro la sua giustizia.

Si profila il mistero della  Croce, con Dio che, ama tanto l’uomo da farsi uomo Egli stesso. Lo segue nella morte e riconcilia così giustizia e amore.

 

L’aspetto filosofico e storico religioso consiste nel trovarci di fronte a UN’IMMAGINE METAFISICA DI DIO (Dio come sorgente originaria di ogni essere) e UN’IMMAGINE CONCRETA (Dio come amante appassionato del suo popolo).

In questo modo, l’Eros  è nobilitato al massimo , ma  contemporaneamente, così purificato da fondersi con l’Agape.

 

Da qui si deriva che, la ricezione del Cantico dei Cantici nel Canone della Sacra Scrittura si spiega col fatto che quei canti d’amore  descrivono il rapporto di  Dio con l’uomo e dell’uomo con Dio.

In questo senso,  il Cantico dei Cantici è diventato, nella letteratura cristiana e giudaica una sorgente di conoscenza e di esperienza mistica in cui si esprime   l’essenza della fede biblica.

ESISTE L’UNIFICAZIONE UOMO-DIO che però non è fusione ma

UNITA’ CHE CREA AMORE.

In questa unità ENTRAMBI RESTANO SE STESSI, pur DIVENTANDO UNA SOLA COSA.

Chi si unisce al Signore forma con Lui un solo Spirito.

 

La seconda novità della fede biblica è L’IMMAGINE DELL’UOMO.

Nella Bibbia, Dio supplisce alla solitudine dell’uomo affiancandogli un aiuto. Plasmando la donna da una costola.

Nel mito greco (Platone), l’uomo appare originariamente sferico. Completo in se stesso e autosufficiente. Poi dimezzato da Zeus come punizione per la sua superbia, l’uomo vaga per sempre, anela all’altra sua metà ed è in cammino verso di essa per ritrovarsi nella sua interezza.

 

Eccetto che per l’idea di punizione, anche nel racconto biblico è ripreso il concetto dell’incompletezza dell’uomo e del suo cammino per trovare la parte integrante della sua interezza.

Due sono gli aspetti importanti:

Il primo è che l’EROS è come radicato nella natura stessa dell’uomo (infatti Adamo è “in ricerca”  e          “abbandona suo padre e sua madre” per trovare una donna….

Solo nel loro insieme rappresentano l’interezza dell’umanità.. diventano una sola carne.

Il secondo aspetto è che, in un orientamento fondato nella creazione, l’eros rimanda l’uomo al matrimonio. A un legame caratterizzato da unicità e definitività. Solo così si realizza la sua intima destinazione.

 

Al Dio monoteistico corrisponde il matrimonio monogamico. E tale matrimonio  basato su un amore esclusivo e definitivo diventa l’icona del rapporto di Dio con il suo popolo.

Il modo di amare di Dio diventa la misura dell’amore umano.

Questo legame tra eros e matrimonio nella Bibbia non ha riscontri in altre letterature.

 

1.4    GESU’ CRISTO – L’amore incarnato di Dio.

 

La vera novità del Nuovo Testamento sta nella figura di Cristo, nel suo realismo che dà sangue e carne ai concetti.

Se, nell’Antico Testamento, la novità biblica consisteva nell’AGIRE imprevedibile e inaudito di Dio, nel Nuovo Testamento questo AGIRE  si concretizza nel “cercare” la pecorella smarrita, l’umanità sofferente e sperduta.

Gesù con le sue parabole spiega il suo “essere ed operare”.

E nella morte in Croce si compie il rivolgimento di Dio contro se stesso dove egli si dona per rialzare l’uomo e salvarlo. Amore nella sua forma più radicale.

E’ guardando il fianco squarciato di Gesù che si comprende che “Dio è Amore”.

Da qui si definisce cosa sia l’Amore, dove il cristiano trova la strada del suo vivere e del suo amare.

Con l’istituzione dell’Eucarestia, durante l’Ultima Cena, Gesù ha dato a questo atto di offerta, una presenza duratura.

Gesù, anticipa così la sua morte e resurrezione donando in quell’ora se stesso, nel pane e nel vino,  ai suoi discepoli.

Se per gli antichi il vero cibo dell’uomo è il Logos, la sapienza eterna, adesso il Logos è  diventato per noi vero nutrimento, come amore.

L’Eucarestia ci attira nell’atto ablativo di Gesù.

Noi non riceviamo solo in modo statico il Logos incarnato ma siamo coinvolti nella dinamica della sua donazione.

L’immagine del matrimonio tra Dio e Israele diventa realtà.

Non solo STARE DI FRONTE A DIO ma, ATTRAVERSO LA PARTECIPAZIONE ALLA DONAZIONE DI GESU’, partecipazione al suo corpo e al suo sangue , DIVENTA UNIONE.

In altre parole, la mistica del Sacramento che si fonda sull’abbassamento di Dio verso di noi conduce ben più in alto di qualsiasi mistico innalzamento umano.

 

Ma c’è un altro aspetto.

La “mistica” del Sacramento ha un carattere sociale. Nella Comunione io vengo unito al Signore come tutti gli altri che si comunicano come me.

“Poiché c’è un solo pane, noi, pur essendo molti, siamo un corpo solo: tutti partecipiamo dell’unico pane.” (San Paolo).

L’unione con Cristo è, allo stesso tempo, unione con tutti gli altri ai quali Egli si dona.

Io non posso avere Cristo solo per me.

Posso appartenergli soltanto in unione con tutti quelli che sono diventati o diventeranno suoi.

LA COMUNIONE MI TIRA FUORI DI ME STESSO VERSO DI LUI, E COSI’ ANCHE VERSO L’UNITA’ DI TUTTI I CRISTIANI.

Amore per Dio e amore per il prossimo sono ora VERAMENTE UNITI.

Il Dio incarnato ci attrae tutti a sè.

L’agape diventa ora anche un nome dell’Eucarestia.

In essa l’agape di Dio viene a noi corporalmente per continuare il suo operare in noi e attraverso noi.

L’insegnamento di Gesù si può capire soltanto partendo da questo fondamento-cristologico sacramentale.

Il duplice comandamento dell’amore verso Dio e verso il prossimo, la derivazione di questo concetto di tutta l’esistenza di fede, non è semplice morale. Indipendente dalla Fede in Cristo e alla sua riattualizzazione nel Sacramento.

FEDE, CULTO ED ETHOS SI COMPENETRANO A VICENDA COME  UN’UNICA  REALTA’ CHE SI CONFIGURA NELL’INCONTRO CON L’AGAPE DI DIO.

Nella Comunione eucaristica è contenuto L’ESSERE AMATI E  L’AMARE A PROPRIA VOLTA GLI ALTRI.

Il “comandamento” dell’amore diventa possibile solo perché non è soltanto esigenza:

L’amore può essere “comandato” perché PRIMA  è donato.

Da questo principio si può partire per comprendere le grandi parabole di Gesù.

Da quella del

 ricco Epulone per far capire cosa accade a chi disinvoltamente ignora i poveri in difficoltà, a quella del

 Buon Samaritano che aiuta a capire CHI E’ IL MIO PROSSIMO cioè chi ha bisogno di me qui, ora, anche se non lo conosco ed è diverso da me.

Concetto universalizzato ma concreto che richiede il mio impegno. Qui, ora.

Sta alla chiesa interpretare questo collegamento fra lontananza e vicinanza in vista della vita pratica dei suoi membri.

E, non ultimo il Giudizio Finale, dove l’amore è criterio per decidere sul valore o disvalore di una vita umana.

Gesù si identifica con i bisognosi: affamati, assetati, forestieri, nudi, malati, carcerati.

Amore di Dio e amore del prossimo si fondono insieme:

“nel più piccolo incontriamo Gesù stesso e in Gesù incontriamo Dio”.

 

 

1.4    Amore di Dio e amore del prossimo

 

Abbiamo riflettuto sull’essenza dell’amore e sul suo significato nella fede biblica.

Circa il NOSTRO ATTEGGIAMENTO, rimane una duplice domanda:

E’ VERAMENTE POSSIBILE AMARE DIO PUR NON VEDENDOLO?  E

L’AMORE SI PUO’ COMANDARE?

 

Nessuno ha mai visto Dio. Come potremmo amarlo?

L’amore non si può comandare. Può esserci o non esserci ma non può essere creato dalla volontà.

 

Nel prima caso la Scrittura afferma che: “se uno dicesse- IO AMO DIO- e odiasse suo fratello, è un mentitore.

Chi non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede. (1Gv 4,20).

Ma Giovanni NON ESCLUDE AFFATTO  L’AMORE DI DIO COME QUALCOSA DI IMPOSSIBILE. Al contrario.

Tale amore è richiesto esplicitamente.

E’ sottolineato il collegamento inscindibile tra AMORE DI DIO E AMORE DEL PROSSIMO.

Sono così vincolanti che l’affermazione dell’amore di Dio diventa menzogna se l’uomo si chiude al prossimo o lo odia.

QUESTO VERSETTO APRE LA STRADA PER COMPRENDERE CHE L’AMORE PER IL PROSSIMO E’ UNA STRADA PER INCONTRARE ANCHE DIO e che, chiudere gli occhi di fronte al prossimo rende ciechi anche di fronte a Lui.

 

Nessuno ha mai visto Dio così come Egli è in se stesso; tuttavia non è totalmente invisibile né, semplicemente inaccessibile.

DIO CI HA AMATI PER PRIMO e questo amore è apparso in mezzo a noi; si è fatto visibile in quanto “ha mandato il suo Figlio unigenito nel mondo, perché noi avessimo la vita per lui”.

Di fatto esiste una molteplice visibilità di Dio.

Nella Bibbia. Nelle storie d’amore che ci racconta.

Egli  ci viene incontro e cerca di conquistarci.

Fino all’Ultima Cena, fino al cuore trafitto sulla Croce, fino alle apparizioni del Risorto… e alle grandi opere con le quali, attraverso l’azione degli Apostoli, ha guidato il cammino della Chiesa nascente…

Dio ci viene incontro attraverso gli uomini nei quali Egli  traspare…. attraverso la Parola, nei Sacramenti, specialmente l’Eucarestia…

E nella Liturgia della Chiesa , nella sua preghiera, nella comunità viva dei credenti  noi sperimentiamo  l’amore di Dio, percepiamo la sua presenza e impariamo a riconoscerla anche nel quotidiano.

Egli ci ha amati per primo e per questo anche noi possiamo rispondere all’amore.

Da questo sviluppo si comprende che l’amore non è soltanto un sentimento.

Sentimento che può essere scintilla iniziale ma non LA TOTALITA’ DELL’AMORE.

E, se l’eros, grazie alle purificazioni e maturazioni diventa pienamente se stesso, quindi diventa amore nel pieno significato della parola, E’ PROPRIO DELLA MATURITA’ DELL’AMORE COINVOLGERE TUTTE LE POTENZIALITA’ DELL’UOMO E INCLUDERE, L’UOMO NELLA SUA INTEREZZA.

 

L’esperienza di essere amati suscita in noi sentimenti di gioia. L’incontro con le manifestazioni visibili dell’amore di Dio è fonte di gioia.

Ma la nostra volontà e il nostro intelletto sono chiamati in causa.

Il riconoscere il Dio vivente è una via verso l’amore.

Il si della nostra volontà alla sua unisce intelletto, volontà e sentimento nell’atto totalizzante dell’amore.

Ma questo, è un processo mai concluso, completato.

Si trasforma nel corso della vita e matura. Rimane fedele a se stesso.

Il diventare l’uno simile all’altro che conduce alla comunanza del volere e del pensare.

La storia d’amore tra Dio e l’uomo consiste proprio in questa comunione di volontà e di pensiero. Fino al punto in cui la volontà di Dio non è una volontà estranea che i comandamenti mi impongono dall’esterno ma E’ LA MIA STESSA VOLONTA’.

Dio alla fine è più intimo a me di quanto lo sia io stesso.

Allora cresce l’abbandono in Dio e Dio diventa la nostra gioia. (cfr Sal 73 [72], 23-28).

Si rivela possibile l’amore del prossimo enunciato dalla Bibbia e da Gesù.

Io amo in Dio e con Dio anche la persona che non gradisco o che neanche conosco.

Questo però può realizzarsi soltanto a  partire dall’intimo incontro con Dio.

Un incontro che è diventato comunione di volontà.

E’ allora che imparo a guardare l’altro non con i miei occhi ma secondo la  prospettiva di Cristo. Il suo amico è mio amico.

Aldilà dell’apparenza esteriore dell’altro scorgo la sua interiore attesa di un gesto d’amore, di attenzione . Io vedocon gli occhi di cristo e posso dare all’altro ben più che le cose esternamente necessarie:

POSSO DONARGLI LO SGUARDO D’AMORE DI CUI EGLI HA BISOGNO.

Qui si mostra l’interazione necessaria tra amore di Dio e amore del prossimo.

Se il contatto con Dio manca del tutto nella vita posso vedere nell’altro sempre e soltanto l’altro e

NON RIESCO A RICONOSCERE IN LUI L’IMMAGINE DIVINA.

D’altra parte, se nella mia vita cercherò di essere solamente “pio” e  “compiere i miei doveri religiosi” tralasciando completamente l’attenzione per l’altro

S’INARIDISCE ANCHE IL RAPPORTO CON DIO.

E’ un rapporto corretto ma senza amore.

SOLO LA MIA DISPONIBILITA’ AD ANDARE INCONTRO AL PROSSIMO, A MOSTRARGLI AMORE, MI RENDE SENSIBILE ANCHE DI FRONTE A DIO.

Solo il servizio al prossimo apre i miei occhi su quello che Dio fa per me e come Egli mi ama.

I santi hanno attinto la loro capacità di amare il prossimo dal loro incontro col Signore eucaristico e, reciprocamente, questo incontro ha acquistato il suo realismo e la sua profondità nel loro servizio agli altri.

Amore di Dio e amore del prossimo sono inseparabili.

Sono un unico comandamento… o meglio, sono un’esperienza d’amore donata dall’interno; un amore, che, per sua natura deve essere ulteriormente partecipato ad altri.

L’amore cresce attraverso l’amore. E’ divino perché viene da Dio e ci unisce a Lui.

Mediante questo processo unificante ci trasforma in un Noi che supera le nostre divisioni e ci fa diventare una cosa sola, fino a che, alla fine Dio sia “tutto in tutti”. (1Cor 15, 28).

 

 

Continua